La preistoria
La ricerca del cibo ha caratterizzato l’evoluzione della specie umana assieme alla scoperta del fuoco e del suo utilizzo. Il fuoco dunque ha rappresentato un
passaggio importante per l’uomo. Si può dire che prima non si poteva parlare non solo di civiltà umana, ma forse neanche d’umanità. Con il fuoco, l’uomo ha potuto cuocere i cibi, scaldarsi,
difendersi dagli animali, rischiarare la notte.
Di vera e propria pratica gastronomica si può cominciare a parlare con l’arrivo del Neolitico, il periodo che va dal 5000 al 4000 a.C. L’uomo attraverso l’addomesticamento degli animali e la
scoperta dell’agricoltura, giunse a un’economia e produzione del cibo passando da una vita nomade a una forma di vita stanziale. Nacquero l’agricoltura e l’allevamento del bestiame, portando così
alla comparsa dei latticini e dei cereali, come l’avena, l’orzo, miglio, farro e frumento.
Attraverso la frantumazione dei cereali iniziò la preparazione di primitive focacce cotte su pietre riscaldate. La scoperta della terracotta poi consentì la costruzione dei primi contenitori in
grado di resistere alla fiamma viva. Il passaggio poi alla cottura di alimenti nell’acqua fu veloce, da qui la nascita delle prime “zuppe”, brodi a base di cereali, carni, legumi ecc.
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Le civiltà antiche
Il clima favorevole e la possibilità di dare vita a scambi commerciali fece comparire sulle sponde del mediterraneo le prime civiltà. La prima fu quella egiziana, seguirono poi la civiltà ellenica quindi quella romana.
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La cucina degli Egizi
Gran parte delle informazioni concernenti la dieta degli antichi egizi proviene dalle tombe. Qui sono raffigurate le cosiddette "liste delle offerte", in cui vengono
elencati tutti gli oggetti di cui il defunto aveva bisogno nel mondo ultraterreno. Possiamo dire che la civiltà egiziana dal 3000 a.C. fino al periodo successivo alla nascita dell’età romana ha
creato una complessa evoluzione gastronomica. Gli antichi egizi furono un popolo ricco di cibo, questo soprattutto grazie al Nilo, la cui acqua invadeva la pianura circostante ogni estate a causa
delle abbondanti piogge e poi, lentamente, si ritirava, lasciando un terriccio fangoso detto limo assai fertile, consentendo così la coltivazione di molte varietà di piante e l’allevamento di
diversi tipi di bestiame.
Nella valle del Nilo il faraone emanava ogni anno un ordine di semina valido per tutto l’Egitto. Ricevuto quest’ordine, e non prima, gli agricoltori seminavano i campi con: fave, lenticchie,
farro, cipolla, porri, cetrioli, meloni, vari tipi d’insalate, fichi, melograni e mele. Ciascuno riceveva anche un programma dettagliato, nel quale era indicata la quantità e la qualità di
raccolto che era tenuto a produrre sul terreno affidatogli. Era indicata inoltre la parte del raccolto che si doveva consegnare ai magazzini reali sparsi per tutto il Paese.
Intorno al 1000 a.C. in Egitto si imparò a setacciare la farina di frumento ottenendo in questo modo sfarinati più raffinati con il quale si produceva del pane bianco destinato alle classi più
abbienti.
In merito alle carni, le classi ricche erano le uniche che si potevano permettere il consumo delle carni bovine e ovine, le quali venivano per lo più arrostite. Mentre i suini, benché allevati,
non venivano macellati per il consumo umano.
Il popolo si cibava di pollame ( anatre, oche, galline, quaglie) e una delle tecniche di conservazione utilizzate per le carni era il sale, sale minerale, l’estrazione di quello marino era
vietata perché considerato impuro, poiché proveniva dal regno di Seth, dio del male. Come dolcificante principale veniva utilizzato il miele. Gli egizi cucinavano con carbone dolce e legna. Le
cucine consistevano in piccoli fornelli mobili di terracotta, di forma cilindrica, aperti in alto e con una porticina nella parte inferiore. I poveri utilizzavano marmitte, poste su tre pietre;
erano di terracotta, così come le casseruole. Per quanto riguarda i pasti gli egizi ne facevano due al giorno, uno all'alba e l’altro verso sera. Mangiavano inginocchiati davanti a un tavolo
basso e rotondo, in piatti comuni, con le mani. I banchetti dei nobili erano invece assai sontuosi e preparati con cura.
Poi a proposito del bere c’è da dire che gli egizi erano forti consumatori di birra ottenuta dalla fermentazione dell’orzo, del farro, o dei datteri.
Anche il vino era conosciuto, all’epoca veniva preparato fermentando il mosto d’uva, di miele o di fichi.
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I Greci
La civiltà greca ebbe la sua origine a Creta intorno al 2500 a.C. e continuò fino all’età ellenica classica che coincise con la conquista romana nel II secolo a.C. Durante questo periodo le abitudini alimentari dei popoli dell’Egeo si modificarono profondamente, passando da una dieta povera ed essenziale trasformandosi poi in cucina ricercata e ricca di sapori. Le carni erano considerate cibo per i ricchi e venivano cotte essenzialmente alla brace o su spiedi gli ortaggi e i legumi venivano preparati sotto forma di puree insaporiti da erbe e semi aromatici. Il condimento era lo stesso grasso animale. Altro ruolo veniva dato ai pesci e alle verdure, che erano per lo più destinati ai contadini. La cucina era molto importante, tanto da consacrare la gastronomia dedicandole una dea: Adefagèa. Per diventare cuoco bisognava frequentare due anni di scuola. Nella Grecia antica si praticò molto la pastorizia e fin da epoche remote si conosceva la tecnica di produzione del formaggio,in special modo quello di capra, che veniva anche fatto stagionare. Parlando poi di bevande è stato scoperto che la preparazione di liquidi alcolici per fermentazione di mosti veniva preparata fin da tempi lontanissimi. Uno dei liquori più antico fu senz’altro l’idromele, ottenuto dalla fermentazione del miele mescolato all’acqua.
Parlando poi della coltivazione della vite, c’è da dire che era praticata nell’isola di Creta intorno al 2000 a.C., dove venivano prodotti dei vini che raggiungevano anche i 18°. Normalmente venivano allungati con acqua e alle volte aromatizzati con erbe o profumi. Il vino puro veniva utilizzato al mattino come prima colazione dove veniva inzuppato il pane. Mi immagino che andassero tutti al lavoro contenti come una pasqua. Piccola divagazione, ma da dove deriva Pasqua? è termine ebraico (pesah), che significa "passaggio": come tutti sanno, originariamente designava il passaggio del Mar Rosso da parte degli Ebrei, argomento trattato nel libro della Bibbia chiamato "Esodo" (dal greco exodos cioè "uscita", con riferimento all'uscita dall'Egitto, la fine della schiavitù o, meglio, della "cattività"). In greco, visto che parliamo della Grecia, pascha è attestato per la prima volta nei Settanta, cioè nella più autorevole traduzione greca antica della Bibbia, e si ritrova in tutti e quattro i Vangeli (si veda in particolare, Luca, 22, 14-16: e quando giunse l'ora, si riunì con gli Apostoli e disse loro: "Ho desiderato grandemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima di soffrire; vi dico infatti che non la mangerò più, finché essa non sia compiuta nel Regno di Dio): è lì che ovviamente il termine acquista l'odierna significazione cristiana. Nel linguaggio popolare, poi, "Pasqua" è diventata sinonimo di "gioia, festa grande". Ma torniamo a bomba. La diversificazione delle portate e la maggiore disponibilità degli alimenti nell’età classica ci permettono di parlare di nascita di una vera e propria arte gastronomica. Cuochi professionisti venivano ingaggiati da ricchi committenti. Le ricette realizzate in quell’epoca erano composte per lo più a base di pesce o cacciagione.
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I Romani
Per meglio descrivere la storia della cucina romana cerchiamo di dividerla in due momenti. Il primo è quello della Roma dei Re, quindi si può definire il più antico,
che va dal 750 a.C. fino al 27 d.C. Il secondo invece scorre lungo tutto il periodo imperiale fino alla caduta dell’Impero romano quindi dal 27 al 395 d.C.
Nel V e IV secolo a.C. si mangiava in modo semplice, forse troppo,tanto che durante il pranzo di mezzogiorno il piatto forte sembrava essere solo il pane. Ma se ci spostiamo nella Roma
repubblicana troviamo abitudini alimentari più simili a quelle odierne partendo già dalla prima colazione, a base di pane e vino accompagnato da uova o formaggio e frutta, così come per il pranzo
che si differenziava perché era anche composto da pietanze calde, così come la cena. So che magari non interessa, ma, per la cronaca, la colazione veniva chiamata ientaculum, il pranzo prandium e
la cena coena, quindi quasi uguale al termine odierno. La cena appunto era preparata nei triclini (triclinia), stanze così chiamate perché di solito ammobiliate con tre divani, su ciascuno dei
quali si accomodavano, sdraiate, tre persone. Al centro era posta la tavola con le vivande. Il numero ideale dei commensali era quindi di nove e multipli di nove, fino a trentasei. Le donne
saranno ammesse ai pranzi con invitati solo in età imperiale. I ragazzi stavano seduti su degli scranni. Gli schiavi di fiducia, quand'erano autorizzati a partecipare al pranzo (soprattutto per
servire il padrone e riaccompagnarlo a casa in stato di ubriachezza), sedevano per terra, ai piedi del divano. Un'altra caratteristica in epoca imperiale fu la ricerca dello sfarzo e del raro
tanto che, oltre ai classici capretti, agnelli, pollame, cacciagione, comparvero sulla tavola animali come pavoni, pappagalli, fenicotteri, gru… un fatto strano è che la carne bovina veniva
considerata di qualità scadente ed era destinata alle mense più povere e plebee. Sempre importante era il pesce, che rappresentava il cibo più ricercato così come le verdure condite con salse
raffinate. Gli ortaggi coltivati erano le rape, le cipolle, le carote, le bietole, i cetrioli, le zucchine, le zucche, i cavoli, le lattughe, i porri, i carciofi e l’aglio. Un condimento
importante era il garum, usato in moltissime preparazioni, ottenuto per macerazione di avanzi di pesce assieme a sale e vino, che potrebbe essere considerato come un esaltatore di sapidità. Il de
Re Coquinaria, in cui Gavio Apicio descrive la cucina della Roma imperiale come un arte raffinata, è uno dei primi libri sulla cucina. Venivano altresì descritte delle combinazioni alimentari
dolce-acido, aromatico-salato. Altra caratteristica della cucina della Roma imperiale consisteva nella triturazione e sminuzzamento in poltiglia degli alimenti.
Questo dava origine alla preparazione di polpette, involtini, galantine, salamelle ecc… Infine nella Roma imperiale al tempo di Plinio, si conoscevano circa 80 vitigni e più di 200 tipi di vino.
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Il Medioevo
Partiamo col dire che il IV secolo d.C. fu l’epoca delle grandi invasioni barbariche dove numerose tribù nomadi calarono nell’area mediterranea. Questo portò a
modificare anche il modo di mangiare. Scomparvero le coltivazioni di vite e di ulivo e quelle cerealicole. Gli abitanti delle città dell’Impero romano impauriti per i saccheggi fuggirono nelle
campagne e tutta l’economia subì una rapida involuzione. Scomparve quasi completamente la moneta e tornò il baratto. Sparirono le spezie, le salse e conseguentemente anche la figura del cuoco
essendoci a disposizione pochissime varietà di prodotti. Gli unici veri posti dove era ancora possibile trovare coltivazioni agricole erano i monasteri e le abbazie dove i contadini potevano
svolgere il loro lavoro con tranquillità.
Vennero poi gli arabi intorno al 700 che portarono alcune novità nel campo alimentare: dall’oriente furono introdotti lo zucchero, il riso e molte varietà di agrumi, la palma e molte varietà di
spezie scomparse dopo la caduta dell’Impero Romano.
Dopo l’anno 1000 si ebbe in tutta Europa un vero risveglio dell’agricoltura. Si introdusse la rotazione delle colture che consentì di sfruttare in modo più razionale i terreni ottenendo così una
produzione migliore e diversificata di vegetali. Cominciò a diffondersi in modo massiccio l’utilizzo delle uova sia come piatto in sé che come legante, addensante, per insaporire ecc…un altro
alimento che comparve nel medioevo fu il burro: si cominciarono a produrre diversi tipi di burro da quello salato, aromatizzato, così pure come diverse tipologie di formaggi alcuni dei quali
ancora oggi molto apprezzati come i formaggi freschi francesi, il “parmesan” padano, il groviera svizzero e i formaggi fusi olandesi. Il formaggio si usava nella produzione pasticciera veniva
consumato arrostito, alla griglia e insaporito con zucchero e cannella, oppure fuso spalmato su crostini di pane condito con zucchero e spezie.
In questo periodo aumentò in maniera preponderante il consumo della carne di maiale rispetto a quella di manzo. Il motivo principale era da attribuirsi al fatto che la carne di manzo non poteva
essere conservata a lungo con il metodo della salatura al contrario quella di maiale veniva conservata in vari modi dando origine alla preparazione dei salumi, prosciutti, salsicce.
La dieta delle popolazioni del Nord Europa era invece più ricca di pesce, soprattutto di aringhe e, a proposito, proprio in Olanda si scoprì il sistema per conservarle a lungo tramite la
salagione e l’affumicatura. Migliorarono notevolmente in Francia, in Italia e in Spagna le tecniche enologiche che attraverso l’uso di botti di legno affinarono decisamente il sapore del vino e
la sua conservazione.
In conclusione le invasioni barbariche prima e il ripartizione politica dell’Italia poi, non fecero altro che accentuare le notevoli differenze culturali e politiche delle diverse regioni nelle
quali si svilupparono progressivamente usi e tradizioni gastronomiche molto differenti tra loro. Nacquero così le prime forme di cucina regionale.
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L’umanesimo e il rinascimento.
Siamo tra il 1300 e il 1500. Questo periodo si caratterizzò soprattutto per una notevole trasformazione della cultura europea in particolare di quella italiana. È un
periodo questo dove lo splendore, la perfezione, la magnificenza il senso edonistico si svilupparono coinvolgendo anche l’aspetto gastronomico. Pur non avvenendo grandi rivoluzioni in ambito
culinario, gli usi alimentari furono caratterizzati nella ricerca del nuovo e dello sfarzoso. Vennero pubblicati dei libri e trattati di buone maniere come il Galateo dell’Arcivescovo Giovanni
Della Casa nel quale si codificava il corretto comportamento da rispettare quando si mangia. Sulla tavola comparvero per la prima volta il bicchiere individuale, la forchetta, gli stuzzicadenti,
il tovagliolo e vennero inventati molti utensili per usi culinari come le rotelle tagliapasta, i setacci e gli spremiagrumi.
Fino alla metà del 1500 in Italia avvenne una notevole innovazione gastronomica questo grazie al fiorire di una nutrita pubblicazione di opere scritte da grandi cuochi come Maestro Martino,
Cristofaro da Messibugo e Bartolomeo Scappi. Nacque una vera e propria gerarchia di specialisti del servizio il preludio della più moderna brigata di cucina.
Il matrimonio di Caterina de Medici con il futuro re di Francia Enrico II spostò il centro dell’attività gastronomica da Firenze a Parigi. La nuova regina portò con sé un gruppo di cucinieri,
pasticceri, e altri professionisti che trovarono in Francia il terreno più fertile per far diventare “grande” la cucina francese del Seicento e del Settecento. Dal punto di vista culinario non si
ebbero grandi novità: si inventarono preparazioni simili alla pasta sfoglia attuale, si importarono dalle Americhe il fagiolo, la patata, il cacao, il mais e il peperone, anche se non ebbero
subito una grande diffusione bensì vennero sfoggiati dalla borghesia durante i sontuosi banchetti.
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Il Seicento
Sotto il dominio del Re Sole il XVII secolo vide un grande sviluppo della cultura francese. Questo successivamente portò a una visione diversa della cucina, che si
trasformò poco a poco in vera e propria arte e diventò così simbolo di raffinatezza. In questo periodo nasce anche la cucina classica capostipite fu senz’altro Francois Pierre de la Varenne.
Varenne compì un deciso passo avanti: nella sua opera “le Cusinier Francois” parlò per la prima volta dei fondi o delle basi di cucina, della creazione di nuovi abbinamenti e utilizzò per la
prima volta il classico bouquet garni o mazzetto aromatico. Introdusse l’utilizzo delle carni di animali nostrani, scegliendo gli animali più giovani, quindi più teneri, e iniziò a sperimentare
la tecnica della steccatura con strisce di lardo e verdure introdotte nei vari pezzi di carne prima di essere arrostiti.
In un secondo tempo iniziarono ad essere tenute in considerazione alcune varietà di prodotti ortofrutticoli come cetrioli, cavoli, verze, cicorie, lattughe, piselli. Mentre la patata e il
pomodoro non ebbero grande successo fino alla fine del Settecento. Anche la pasticceria conobbe un periodo di grande splendore e di innovazione con la preparazione di sfoglie, amaretti, cialde e
petits fours. Vi chiederete senz’altro cosa sono questi benedetti petits fours. Letteralmente significa piccoli forni, ma tranquilli, non vi do da mangiare un forno a microonde! Sono dei
biscottini che possono essere secchi o freschi normalmente serviti con il the. Quelli secchi sono confezionati con pasta di mandorle, albume d’uovo e zucchero, decorati con una mandorla o una
ciliegia. Quelli freschi invece preparati con pasta di bignè o genovese, sono farciti con creme profumate al liquore. Ne esistono poi di salati farciti con creme al formaggio, paté di fegato,
purea di salmone ecc…
Ci furono novità anche nel campo delle bevande, la più importante fu la scoperta del metodo champenoise che Dom Perignon inventò nel 1688 dando origine alla prima produzione di Champagne.
In Italia fu il boom della gelateria della torrefazione del caffè e della diffusione della cioccolata. Poi nella cucina popolare portato dalle americhe si diffuse il mais che diede origine a
molte preparazioni per il confezionamento di vari tipi di polenta. Al contrario della Francia la comparsa del pomodoro diede origine alla preparazione di creme e salse per il condimento della
pasta.
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Il Settecento
Il Settecento si contraddistingue come periodo storico per l’avvento della Rivoluzione Francese quindi senza alcun dubbio possiamo definirlo un periodo di grande
trasformazione. Una voglia di innovazione e un interesse da parte della cultura anche per la tavola e il buon mangiare diede origine a movimenti conviviali e di conversazione. Come per il secolo
precedente la nazione che diede vita ad importanti novità fu la Francia, alcune preparazioni importanti da ricordare furono il paté di foie gras, le meringhe, le mirepoix (dadolate di verdura)
salse di base.
Udite udite in questo periodo nasce pure la maionese. Non è neppure un fatto irrilevante la scoperta di nuovi sistemi per la regolazione del fuoco nelle cucine anche perché questa innovazione
tecnica rappresentò un grande passo avanti nella preparazione delle ricette, poiché permetteva di preparare dei piatti cucinando più cose separatamente.
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L’Ottocento
Il miglioramento delle colture agricole che si sviluppò in questo periodo creò una maggiore disponibilità di prodotti grazie anche all’ampliarsi dei mercati e dei
trasporti. Siamo nell’ epoca coloniale, la quale portò all’introduzione e al consumo di nuovi alimenti come il mango, la soia, l’ananas, le arachidi. Mentre per cacao, caffè e the, conosciuti
durante il Settecento, ci fu un vero boom di consumi tanto che nacquero numerosi esercizi specializzati nella vendita e nella distribuzione di questi prodotti. Due piante rivestirono una notevole
importanza alimentare: la patata e la barbabietola da zucchero.
Grande beneficio derivò anche dalle nuove pratiche di sanitizzazione del latte. Grazie a Pasteur si realizzò la pastorizzazione del latte su larga scala, mettendo a disposizione di molti un
prodotto basilare per l’alimentazione in maniera più sana e sicura. Si svilupparono e si migliorarono i sistemi di conservazione degli alimenti come la refrigerazione, la concentrazione e la
sterilizzazione. Con l’approfondimento delle scoperte microbiologiche e la conoscenza delle fermentazioni batteriche iniziate da Pasteur si ebbe un notevole miglioramento della produzione
casearia. Infine verso la fine dell’ottocento in Francia nacque la margarina, un nuovo tipo di grasso inventato da un abate francese.
Verso la fine del XIX sec. si verificò una grande trasformazione nel mondo della gastronomia, la nascita della ristorazione moderna. L’incontro di Auguste Escoffier chef e genio della cucina, con
Cesare Ritz mago dell’imprenditoria. Alberghi, treni lussuosi, transatlantici, cominciarono a svilupparsi in tutta Europa ed Escoffier, oltre a sviluppare e studiare il funzionamento delle cucine
in queste strutture in ogni suo dettaglio, inventò piatti nuovi ed estrosi da dedicare a principi e personaggi famosi (pesche Melba , i tournedos Rossigni, il soufflè Rothschild …) Escoffier
aveva gusto anche nella presentazione dei piatti abbellendoli con più decorazioni. Possiamo dire che con lui si sviluppò la classica cucina francese.
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Il Novecento
Sia per i grandi mutamenti storici che per il notevole sviluppo tecnologico, il Novecento ha trasformato profondamente la società. La nascita dell’automobile consentì a persone e merci di viaggiare e spostarsi più rapidamente. Nel 1900 esce la prima “Guida Michelin”, una pubblicazione nata in Francia, destinata ai primi automobilisti gastronomi allo scopo di illustrare le caratteristiche dei ristoranti di qualità presenti sul territorio. Più limitato rispetto alla Francia anche in Italia venne a svilupparsi un certo fenomeno gastronomico testimoniato dalle diverse pubblicazioni di quel periodo. Nel 1909 si pubblicò la nuova cucina delle specialità regionali dove per la prima volta si scrissero le ricette delle regioni italiane.
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La cucina contemporanea
Dopo la guerra la cucina europea era distrutta: poco cibo disponibile, per di più razionato, non consentiva di fare grandi cose tra i fornelli e la ripresa
gastronomica dovette aspettare gli anni ‘60 per riscoprire un forte dinamismo. Il boom economico che avvenne in seguito portò in ogni casa il frigorifero, il forno, e gli elettrodomestici.
Successivamente l’entrata della donna nel mondo del lavoro ha innescato un cambiamento nel modo di mangiare. Il tempo sempre più limitato per cucinare fa sostituire i piatti di lunga preparazione
tipo polenta, legumi, frattaglie, con fettine di bovino e petti di pollo da cucinare velocemente ai ferri. Dal canto suo anche l’editoria culinaria ha seguito questo fenomeno proponendo ricettari
facili e semplici e per la prima volta anche con un occhio sempre più attento all’aspetto calorico e dietetico, ne è l’esempio “il Cucchiaio d’Argento”.
All’inizio degli anni ‘70 gli aspetti gastronomici che si sono sviluppati e ampliati sono principalmente tre:
La ripresa delle tradizioni regionali rilanciando l’artigianato alimentare locale questo contemporaneamente allo
sviluppo del turismo.
L’utilizzazione di modelli di cucina rapida, attenta alla dietetica, utilizzando sistemi di cottura come il
vapore o apparecchiature di nuova concezione il forno a microonde e la cottura sottovuoto.
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La nouvelle cousine
In Francia verso la metà degli anni ’60 si affermò una nuova tendenza culinaria denominata da due giornalisti esperti di gastronomia “Nuova Cucina” o in francese Nouvelle Cousine. Ma torniamo un attimo indietro nel tempo e ricolleghiamoci un tantino alla cucina di Escoffier. Se ricordate parlando dell’Ottocento ho menzionato quanto Escoffier avesse fatto per far diventare grande la cucina francese attraverso l’uso di salse, marinature, lunghe preparazioni e ricette comunque sfarzose. Con l’andar del tempo alcuni cuochi vollero alleggerire gli schemi classici. Il primo in assoluto fu Fernand Point che cercò di semplificare e diminuire i tempi di preparazione delle cotture. Il suo motto era: Tutte le mattine si deve ricominciare da zero. Senza niente sul fornello. Questa è la cucina !!!
Informazioni prese dal sito www.angolodelgusto.it - Su cura del Gent.mo Collega Chef Riccardo Camertoni .